mercoledì 15 gennaio 2014

STENDHAL E LA SUA ESTASI

DI Haward Poe

La sindrome di Stendhal, deve il suo nome, al grande autore francese Marie-Henri Beyle, meglio noto con lo pseudonimo di Stendhal. 
Stendhal, visse tra la fine del settecento e i primi anni dell'ottocento. Come altri letterati suoi pari, ardeva dalla voglia di fare il Grand Tour, ovvero un giro artistico delle più belle bellezze d'europa. L'italia, da sempre culla delle arti, era la meta che meglio si prestava alle sue brame.
Fu proprio durante la visita di Firenze, che accusò una sorta di malore, imputabile all'estasi, derivante dalla contemplazione delle bellezze artistiche. Uscendo da Santa Croce, lo scrittore francese accusò delle vertigini spiccate, e una sorta di ansia, che si traduceva in un'accelerazione del battito cardiaco. I colori si confondevano, l'arte diventava onnipresente, come se l'autore fosse dentro un dipinto e ne subisse gli umori, i colori, la pregnante bellezza. Nondimeno, questa sindrome, venne riconosciuta come una malattia di fatto, soltanto nel 1979, grazie alle opere, e alla costanza della psichiatra Graziella Magherini.
Dal 1982, in poi, vennero riscontrati più di cento casi di individui, colpiti dalla sindrome di Stendhal.

I soggetti colpiti dalla malia delle opere d'arte, erano per lo più cittadini europei e giapponesi. Livello culturale medio alto. Propensione alla religione. E un vissuto di solitudine alle spalle...nella statistica, si evinceva che molti dei soggetti colpiti dalla sindrome, vivevano da soli. E forse, quella loro solitudine, amplificava la bellezza e lo spessore dell'arte.
Spesso, la sindrome sfocia nell'isteria. O comunque ne incarna i tratti salienti.
L'arte è capace di sconvolgerci ad un punto tale? E questo sconvolgimento è una cosa buona, in assoluto, oppure ci può ledere?

Sitografia immagine


http://www.amazon.com/Stendhal/e/B000APWPDA

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